Mi rendo conto di essere sempre più spesso insofferente nei confronti di mio figlio. Non ne vado fiera, non ne sono felice, semplicemente prendo atto di qualcosa che esiste.
Non mi sono mai sentita pronta per diventare madre, mai nemmeno per un attimo ho pensato di essere allaltezza di questo ruolo. E delle aspettative che si hanno intorno alla maternità.
Ma l’insofferenza è qualcosa che vedo crescere sempre di più.
Credo che in parte centri il fatto che ancora oggi sulla maternità degli altri, anche quando la questione non ci riguarda, nutriamo delle attese che non ci spettano, come se fosse affare nostro, ma anche il fatto che sempre di più facciamo fatica a scrollarci di dosso il nostro essere figli.
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Sarà che nessuno vuole più davvero prendersi la resposabilità di crescere, ora che abbiamo capito che si può anche scegliere di non farlo, ma il fatto è che tutti noi siamo sempre meno preparati a crescere i nostri figli.
Restiamo figli troppo a lungo, per trovarci davvero a nostro agio nel fare i genitori.
E così diventiamo insofferenti, stufi, scocciati, come se i nostri figli fossero effetti collaterali. Non c’entra l’amore, piuttosto il fatto che manca una rete di supporto tra genitori, che aiuti a misurarsi sinceramente. Ad uscire dalle dinamiche del confronto (che diventa scontro), del voler a tutti costi dimostrare di essere meglio dell’altro.
Quel che penso è che fino a quando quella dei genitori sarà ridotta a una mera battaglia per dimostrare chi è il più bravo, quello del crescere figli resterà un’impresa faticosa e sfiancante, più che arricchente.
Ma il rischio, e questo è l’aspetto che più mi preoccupa, è quello di finire con l’indurre i nostri figli a pensare che davvero non li sopportiamo più.
E questo, davvero, significherebbe aver perso sia come genitori che come persone.